MAMMA MIA DAMMI 100 LIRE, CHE IN AMERICA VOGLIO ANDAR! Di Muccino e dell'incubo americano



Ci sono film che funzionano come quei tomi barbosi, mal scritti e mai letti che fungono da zeppa per tavoli dalle zampe instabili. Non sono proprio inutili, solo che non raggiungono lo scopo prefisso, ma si possono tradurre in qualcosa di meno aulico e più pragmatico. Si possono insomma, loro malgrado, riciclare. I film “italiani” di Muccino funzionavano un po' così: il pover'uomo partiva sentendosi addosso il fuoco sacro dell'arte e convinto di essere un grande cineasta alle prese con il capolavoro di turno, faceva urlare e correre a più non posso attori italiani a caso, alle prese con le solite ritrite crisi generazionali o di mezz'età, e poi si aggirava tronfio per salotti televisivi radical chic (o presunti tali), auto-incensandosi e denunciando quanto critici malvagi e malpensanti lo denigrassero perchè anti-italiani e capziosamente schizzinosi. Ma, in un paese che ancora in quel periodo non lontano si riversava in massa e sgomitando a vedere il cinepanettone di turno ogni Santo Natale, il suo cinema pareva financo impegnato. Il cinema di cui parlare per non farsi scoprire folli amanti delle scoregge di Boldi e De Sica, ma colti e raffinati estimatori delle pellicole d'autore (salvo poi obiettare che di pellicole d'autore non si trattava affatto). Ma come il fatidico tomo sotto il tavolino questo suo cinema vacuo, noioso, gridato e mal recitato perlopiù perchè mal diretto, (povera Mezzogiorno), aveva un suo scopo altro; perlomeno sbigliettava. Sbigliettava senza ritegno, come se non ci fosse un domani, come se non ci fosse un Garrone, come se non ci fosse un Sorrentino.
E tutto questo sbigliettare faceva girare una certa economia, lasciava sperare che qualcuno di quei poveri euro immolati sull'altare del buon cinema potessero convogliare in progetti altri, non finanziabili perchè meno popolari.
Poi c'è stata la migrazione oltreoceano, dove il cinema italiano é 

“RosselliniFelliniDeSicaERobertoBenigniCheRitiraL'OscarSaltandoSulleSedieIncitatoDaUnaIncartapecoritaESuccintaLoren”, e nulla più, e dove ad attenderlo ha trovato l'ala protettrice di un Will Smith ormai bollito (basta vedere come esercita la potestà genitoriale nei confronti di sua figlia per capire che ha seri problemi a rapportarsi con la realtà). Ha quindi “ricercato la felicità”, trovandola nella banalità della retorica più populista e demagoga che ci sia e, a livello personale, in una Hollywood di plastica, tutta sorrisi e pacche sulle spalle. Hey man.
Ma ora non c'è più neanche questo. Percepito il bluff anche la decantata America lo ha rigurgitato malamente, perchè semplicemente non c'è più Will Smith a preservarlo dallo spietato showbiz made in USA, ma ancora più semplicemente perchè non sbiglietta più neanche lì. E si sa, “In Tickets they trust”. E giù polemiche contro le scelte di montaggio dettate dall'alto, sullo scempio fatto della sua pregevole opera, sulla sequenza meglio riuscita di una Uma Thurman piangente (e te pareva!), che viene tagliata in post-produzione perchè giudicata da melodramma e quindi non in linea con il taglio zuccheroso e stucchevole che i finanziatori impongono e bla bla bla.
C'è da chiedersi perchè l'autocritica, la capacità di giudizio sul proprio stesso operato sia così poco di moda in questo periodo e in questo paese soprattutto: l'ammissione di colpa è lo scoglio insormontabile, l'onta maggiore. Anche Muccino è caduto nella trappola dell' “A mia insaputa”.
Il suo ego che in questi anni californiani è lievitato insieme al suo girovita, si nutre ormai di un autocompiacimento fazioso e stucchevole. Sù forza, americani belli, la sua chance l'ha avuta e oramai si tratta più che altro di accanimento terapeutico: in nome dello Zio Sam staccategli la spina ed i fondi una volta per tutte, prima che il cinema italiano per voi non sia altro che “RosselliniFelliniDeSicaERobertoBenigniCheRitiraL'OscarSaltandoSulleSedieIncitatoDaUnaIncartapecoritaESuccintaLorenMuccino” e nulla più.






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