BENTORNATI A TWIN PEAKS




Twin Peaks è tornato davvero. Siamo tornati a Twin Peaks.

Il giudizio sarà parziale vista la limitatezza del campione analizzato (solo 2 delle 18 ore previste), ma già dalla prima sequenza si palesa in tutta la sua potenza e tra la prima puntata e la seconda si avverte vivissima ed in crescendo una progettualità ben congeniata dietro ogni azione, anche quelle dall’apparente insensatezza, che è più che lecito aspettarsi che la parabola ascendente prosegua inesorabile verso un culmine di eccellenza e di sublime.

Vanno a ragion veduta smentite certe affermazioni avventate che non riconoscono che si tratti realmente di Twin Peaks, perché lo è in ogni fibra e lo è all’ennesima potenza e in più mixato con l’esperienza cinematografica di 25 anni di sperimentazione libera e visionaria. E non è vero nemmeno, come qualcuno ha superficialmente detto, che l’essere stato così avanti di Lynch 25 anni fa rende oggi il prodotto in linea con tutte le altre serie a livello di innovazione e di racconto. Qui si tratta ancora, e nonostante l’incredibile e fulgido rinascimento della serialità con gli infiniti superbi esempi degli ultimi anni, non solo di essere parecchie spanne oltre a qualunque altro prodotto, con un tale livello di stratificazione e di complessità nella costruzione dell’immagine, del racconto e della simbologia da poterci scrivere una miriade di trattati, ma di essere proprio in un’altra dimensione: “…non è lo stesso fottuto campo da gioco, non è lo stesso campionato, e non è nemmeno lo stesso sport”.

Questo Twin Peaks trabocca di Twin Peaks.

Ce n’è moltissimo anche se il gioco di delocalizzare le vicende e di diversificare lo scenario espandendolo alla periferia americana da una parte, e a quella New York archetipo statunitense per eccellenza dall’altro, cerca di dissimularlo. Segno che Twin Peaks e la deriva corrotta con il quale era identificato è ormai un concetto uno “state of mind” dilagante e non un entità geografica definita. Il raggio d’azione della malvagità e della contaminazione è senza confine così come Twin Peaks è ormai un luogo metafisico e concettuale, oltre che meramente fisico, così come lo è la Black Lodge. Da questo punto di vista, abituati alla staticità claustrofobica dell’ambientazione precedente, è quasi ovvio che questo apparente decentramento e questo moltiplicarsi dell’azione possa disorientare il purista almeno al primo impatto, che però, se minimamente edotto soprattutto dell’ultima produzione lynchiana, non può che apprezzare questo traslare il modus operandi cinematografico di opere come Inland Empire anche in questo contesto. 
E che poi tutto ciò che accade, nonostante la volubilità dello scenario, sia comunque riconducibile al luogo Twin Peaks e che anche gli apparenti deragliamenti geografici non siano altro che propaggini derivanti da quell’unico centro nevralgico, salta fuori si da subito. Basta avere la pazienza di seguire.

E’ estremamente e peculiarmente Twin Peaks nei caratteristi assoldati, nell’ironia e nel tragicomico di certi dialoghi, nell'indugiare esilarante nel non-sense e nel grottesco che rimandano a così tanto Lynch degli anni '90, di Blue Velvet, ad esempio, su tutti. E' Twin Peaks nel saper dosare come nessun altro il ritmo e l'alternanza dell'esilarante con l'orrorifico, dell'azione che si avvita vorticosa su se stessa e della rarefazione e la quiete dei silenzi e delle attese.

E’ Twin Peaks nel non voler assecondare le urgenze di marketing ed il mercanteggiare con lo spettatore puntando al recupero didascalico del “dove eravamo rimasti”, ma evolvendo e distaccandosi allargando il discorso senza preoccuparsi del giustificare la propria esistenza, e lo è in egual misura nel non voler “approfittare” dell’immensa evoluzione tecnologica che 25 anni hanno portato ponendo invece i potenti mezzi al servizio di un allure di artigianalità che non tradisce le attese e che punta piuttosto al suscitare inquietudine prescindendo dal realismo dell'effetto speciale. E' il digitale che mima l'analogico, che piega la propria abilità al ruspante ed al naïf.

Questo Twin Peaks è lo stesso, ma è anche un unicum, un compendio artistico, un sunto ideale di un progetto quarantennale. Ci sono l’allucinazione, le mille scatole cinesi, i rompicapo, i simbolismi, gli incubi ricorrenti di Lost Highways, Mullholland Drive, Inland Empire, c’è molto Wild at Heart ed addirittura Eraserhead, e tutto paradossalmente di più che Fire Walk with me,  tutte rielaborate in chiave Twin PeaksEsteticamente già solo con quanto contenuto in questi primi due episodi si potrebbero riempire svariati volumi di una ideale enciclopedia degli stilemi e della mitologia lynchiana tutti esposti là, come in una pinacoteca di ritratti di famiglia, tra gli affetti più cari. 
E abbiamo solo varcato la soglia.

Diane, sono le ore 21 del 21 maggio e siamo appena tornati a Twin Peaks, cinque miglia a sud della frontiera canadese, due miglia ad ovest dei confini dello stato.



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